Avevo 17 anni quando mi diplomai, a settembre dello stesso anno iniziai la mia prima esperienza come maestra tuttofare in un ”giardino d’infanzia,” in un paesino alle porte della mia città. Ero una maestrina con soli tre anni di scuola/studio, tirocinio una volta alla settimana, eravamo in venti andavamo all’asilo con la professoressa, ognuno di noi si occupava di un bambino. Non ricordo bene la mia esperienza di alunna ma sicuramente non avevo consapevolezza, ero nel pieno dell’adolescenza e come tutti gli adolescenti la mia formazione non è stata adeguata. Ritrovarmi a diciassette anni, con bambini di una scuola di paese a essere contemporaneamente maestra, cuoca, bidella, conservare ricordi indimenticabili come la raccolta delle ciliegie, delle fragole, dell’uva, cantare, correre, giocare in giardino, preparare il pranzo insieme ai bambini, ecco tutta questa esperienza di scuola privata è stata sicuramente una formazione direttamente sul campo. Poi, iniziati i concorsi e le sostituzioni,  la formazione è stata significativa. Ogni momento era buono per ascoltare, fare, copiare, osservare quello che facevano le colleghe e quindi apprendere. Intanto la vita faceva il suo corso e piano piano ho iniziato a fare corsi di formazione che mi piacevano. Tra i tanti corsi però, non c’era nessun ente e nessun formatore che proponeva a noi insegnanti una formazione sulla pedagogia teatrale adatta ai bambini piccoli, così, senza formazione adeguata e con i mezzi che avevamo, all’asilo sono iniziate le recite, poi sono arrivati gli esperti e le compagnie teatrali che proponevano corsi per bambini e realizzavano sempre e solo recite.

Non ho mai scritto una tesi, non sono andata all’università, il mio sapere e la mia conoscenza derivano solo dal mio lavoro e dalla partecipazione ai tanti corsi di formazione. L’incontro con Adele Caprio è stato determinante per ritornare a studiare quei pedagogisti che sono il fondamento della nuova pedagogia ed è grazie a loro se è partita la mia idea di “contaminare” la scuola pubblica di buone pratiche educative. Ho ripreso a leggere Rousseau, Pestalozzi, Montessori, Steiner, don Milani, Mario Lodi Zavalloni, Tolstoj, Tagore, Krishnamurti, Ivanov, Huizinga, Illich, Robinson. Grazie a loro ho iniziato a sperimentare, ricercare, a comparare metodi e pensieri, includendo anche Malaguzzi, Rodari, Munari, la pedagogia della scuola nel bosco, senza trascurare Bruner e Gardner. Costruendo nuovi percorsi ho ideato il mio modello di Nuova Pedagogia per la scuola dell’infanzia. Nel progetto sperimentale ho inserito pratiche e attività secondo me fondamentali per una sano sviluppo del bambino: lo yoga e la danza terapia. Reduce da esperienze non positive, da osservazioni mirate e non essendo pienamente soddisfatta degli apprendimenti e dei metodi usati fino a quel momento, ho volutamente escluso il teatro come strumento pedagogico dal progetto sperimentale; sentivo che la mia formazione non era completa e di non avere gli strumenti operativi e didattici per proporre un percorso teatrale.

Operare e vivere da tanti anni a stretto contatto con i bambini mi ha reso una persona attenta, piena di energia e mi ha aiutato ad essere una brava osservatrice. Durante la mia formazione scolastica ho avuto modo di conoscere innumerevoli formatori, attori, psicologi, professori, pedagogisti. L’incontro con la metodologia BimboTeatro e i suoi ideatori Giulia Parrucci e Rossano Angelini è stato altro. Il caso, o chi per lui, ha voluto farmi conoscere il Corso di Perfezionamento in Teatro d’infanzia. Frequentare gli incontri, ascoltare i relatori e i contenuti del workshop, mi hanno portato a ricordare tutto quello che avevo appreso e immagazzinato nel corso della mia esperienza lavorativa. Tutto è tornato fuori: la mia voglia di fare e proporre teatro, la mia paura del teatro e, soprattutto, il mio amore per il teatro. L’esperienza dei workshop mi ha dato la possibilità di conoscere e riflettere sul teatro come visione consapevole, sul teatro come gioco. Sul teatro come metodologia, che non è metodo, e non è tecnica, ma metodologia di ricerca e sperimentazione, teatro che non è recita, teatro come visione, teatro come arte del costruire il senso delle cose. Teatro come forma di benessere, teatro che supera gli stereotipi. Ho ascoltato nuovi termini come “educatore informale” e “attore informale”, ho iniziato a comprendere come l’attore informale lavora sull’aspetto artistico e sull’aspetto pedagogico contemporaneamente, ho compreso che l’Attore Informale BimboTeatro è un ricercatore. Ho consapevolizzato l’importanza dell’apprendimento informale, della fiaba agita, dello snodo narrativo, scoprendo che il teatro d’infanzia è una palestra di consapevolezza che ha come sfondo il gioco e la creatività. Ho prestato attenzione a tanti contenuti. Contenuti che andrebbero studiati approfonditi e soprattutto sperimentati all’interno di un progetto di ricerc-azione.

Oggi finalmente a distanza di anni la visione del teatro all’interno della scuola dell’infanzia sta cambiando. Per me l’incontro con la metodologia BimboTeatro è stata sorprendente, emozionante, autentica, la curiosità ha lasciato spazio a piccole consapevolezze ampliando la voglia di saperne di più. Lo stupore, la meraviglia ma anche i dubbi e le paure mi hanno accompagnato fino al momento della fatidica decisione di entrare a far parte del team delle Attrici Informali BimboTeatro. La competenza a più livelli dei formatori sia teorica che pratica, “sentirsi” in gruppo grazie a vari rituali e non grazie ad un corso di formazione, la crescita interiore e pratica, la profonda conoscenza e il totale rispetto del bambino e dell’essere umano, tutto questo e molto altro ancora fanno la grandezza di BimboTeatro!

Janusz Korczak, pedagogo, scrittore e medico polacco di origine ebraica vittima dell’Olocausto, ci suggerisce un’ottica rovesciata: quella del bambino in grado di educare l’adulto. La prospettiva è presto capovolta, il problema, però, rimane: è faticoso frequentare i bambini, troppo simili a noi per non incontrare noi stessi, così diversi da noi per non incontrare la diversità che non si presta ad essere spiegata e ridotta, ma solo intuita e ascoltata. Per questo forse agli adulti stanca essere educati così come educare, perché è impegno ad alzarsi sulla punta dei piedi per immaginare altrimenti, camminando con piedi ben aderenti alla terra, ispirando gli altri a fare lo stesso. E la prima attenzione non è quella di fare bene, ma quella di non fare male, di non ferire, di rispettare tempi, modi e sensibilità diverse dalla propria. Modalità di giocare e di giocarsi, di fare e di contemplare, ma, soprattutto, di fare esperienza con la pancia, con la testa, con il cuore. Educare diventa allora un imparare a comunicare in cui essenziale è mettersi in ascolto di se stessi, mentre ci si relaziona agli altri. In questo forse la metodologia BimboTeatro può dirci qualcosa. Far parte del team sta cambiando la mia vita… è impegnativo, faticoso, è sentirsi speciali, è un altro mondo……bellissimo!!!