Dieci anni fa ho scelto di iniziare il mio cammino come educatore d’infanzia. Attraverso lo studio ho cercato le chiavi per svolgere al meglio un compito di grande responsabilità: accompagnare i bambini nella scoperta di strumenti per vivere serenamente e pienamente la propria esistenza affinché possano essere un domani adulti felici, cosciente che questi strumenti ognuno possa trovarli dentro di sé. La felicità del prossimo mi è sempre stata a cuore, non avrei potuto scegliere altra strada. Finita l’università ho sviluppato un mio mantra dell’educatore: io non insegno niente, il mio compito è quello di accogliere il bambino in un ambiente amorevole che gli permetta di essere ascoltato, dove l’errore venga accolto come possibilità di acquisire competenze e dove possa fare esperienze volte a tirar fuori la sua vera essenza. “Il piccolo” scrive la Montessori, “rivela se stesso solo quando è lasciato libero di esprimersi, non quando viene coartato da qualche schema educativo o da una disciplina puramente esteriore”.
Iniziando a lavorare però la voce ferma e convinta che ripeteva questo mantra è diventata un timido bisbiglio, un po’ a causa mia che ho smesso di mettermi in discussione e un po’ a causa degli ambienti lavorativi poveri di persone recettive a questo messaggio.
Due anni fa ho incontrato il Teatro d’infanzia nel corso di formazione continua a cura di TeatroLab, non è stato amore a prima vista, ma incontro dopo incontro mi ha totalmente conquistato. Non mi ero mai interessata al teatro prima, ma l’accurata ricerca pedagogica che si nasconde dietro la metodologia di BimboTeatro mi ha letteralmente ammaliata. Finalmente qualcuno parlava la mia lingua, si parlava di ascolto, apertura, ricerca, confronto, si parlava di una concezione di teatro lontana anni luce dalla “recita” (da sempre per me oggetto di discussione con titolari e colleghe), il teatro veniva presentato come strumento di formazione dell’individuo attraverso fantasia e creatività: una follia! Qualcuno direbbe. Beh, questa follia agli occhi dei bambini è magia. Ecco, riparto da questa magia per rimettermi in cammino verso una crescita professionale e personale, per continuare ad urlare a squarciagola il mantra perduto e magari, riformularlo con consapevolezza.