È un’espressione davvero efficace quella utilizzata da Giulia Parrucci quando la fiaba che va in scena nei laboratori di BimboTeatro la definisce “agìta”. In effetti nel Teatro, quello vero, quello delle origini, ruoli e copioni non vengono recitati: piuttosto, agìti e in diverse lingue del mondo “giocare” si dice come “recitare”.
È questa la premessa necessaria per raccontarvi, ora, la mia scelta di utilizzare i principi ispiratori di BimboTeatro e la sua metodologia in queste settimane di reclusione forzata a casa, ai tempi del CoronaVirus. Sono mamma di tre bambini – di 5, 3 e 1 anno circa – ai quali ho spiegato che la scuola è chiusa per ragioni di prevenzione e, non essendo noi malati, possiamo continuare a fare scuola, a casa.
Abbiamo esplicitato qualche regola (chiamarmi maestra, indossare il grembiule) e qualche altra regola non l’abbiamo detta ma si è espressa da sé (riporre i materiali, lavarsi le mani dopo i lavori creativi, parlarci con cortesia, gentilezza e una confidenza diversa).
Così ogni mattina ci prepariamo, prendiamo gli zainetti, da mamma li saluto e li lascio entrare nella stanza che era dei giochi e che per l’occasione è diventata “la scuola di casa”. Nessuna battutina, nessun “facciamo finta che”.
Indossiamo i grembiuli e la magia accade: il tempo passa più veloce eppure disteso, le nostre voci sono controllate, le parole scelte, i gesti appropriati: siamo davvero a scuola, io sono la maestra e loro i bambini “della sezione” e dell’asilo nido.
Quanto è facile così trascorrere queste giornate e quanto è speciale!
Nel pomeriggio tutto torna consueto: la casa, le abitudini, i litigi, i rimproveri e le coccole per fare pace, ma questo appuntamento con la scuola di casa lo attendono loro e lo desidero anch’io.
Un gioco strambo, nato dalla necessità di tenere intatta la routine preziosa della scuola e di non disorientare i piccoli, che di certezze e tranquillità si nutrono.
Un gioco serio, BimboTeatro, a cui sono grata, che dà luce e sollievo al cuore di una mamma impensierita e indaffarata.
Lascio fuori, almeno quelle tre ore al giorno, faccende e preoccupazioni, che tanto per quelle ce n’è di tempo, e mi godo questa occasione giocare sul serio.