Dott.ssa

Psicologa

Siamo a un crocevia storico. I valori alla base della famiglia in molte e differenti società stanno attraversando un periodo di grande trasformazione. In quest’annoso dibattito s’inserisce con interessanti contributi Jesper Juul, terapeuta familiare danese che sin dagli anni ’70 percepisce il profondo cambiamento in corso e propone visioni e teorie innovative a tal proposito. Sono stata profondamente attratta dalla analisi proposta sull’idea di estinzione della famiglia come struttura di potere che ho trovato in un suo saggio dal titolo “Il bambino è competente”, edito da Feltrinelli. Per secoli, nella società e nella politica, la famiglia è esistita come struttura di potere totalitario in cui la situazione ideale era quella nella quale non c’erano apertamente conflitti e dove vigeva una forte dimensione gerarchica. In questa forma organizzativa, per i componenti che avevano individualità più forti, la famiglia e i suoi schemi d’interazione potevano essere potenzialmente distruttivi.  Anche il linguaggio ha mantenuto un retaggio di termini che derivano dalla famiglia tradizionale che solo quando è non conflittuale è ritenuta “di successo”.

Utilizzare la parola metodo, ad esempio, in riferimento al procedimento educativo che assicuri lo sviluppo individuale e sociale, significa riferirsi a bambini verso i quali non si riconosce alcuna competenza ma che, al contrario, li considera come una tabula rasa su cui imprimere le conoscenze necessarie.

Altro concetto attorno al quale ragiona Juul nel saggio è quello dell’età della sfida: dai due anni in poi il bambino inizia ad agire per suo conto. Se in quel momento l’adulto reagisce con un atteggiamento di sfida perché non ha modo di attendere i tempi di apprendimento complessi del bambino, in poco tempo anche il bambino assumerà lo stesso atteggiamento oppure abbandonerà perdendo ogni speranza d’indipendenza. Per Juul, definire un bambino ribelle è solo uno stratagemma di chi detiene il potere per poterlo mantenere subordinato a sé.

Altro termine esplorato è pubertà, vista come un periodo di sviluppo intrapsichico che provoca turbolenze e incertezze e che, a prescindere da ogni fondamento, causerebbe conflitti interpersonali con gli adulti. In realtà, anche in questo caso si tratta evidentemente di un pregiudizio che condiziona moltissimo il rapporto con gli adulti e quindi la crescita sana.

Per Juul, anche la ribellione degli adolescenti è uno stereotipo. Essa è descritta con termini presi in prestito dalla politica o dall’esercito come ad esempio ribellione, indipendenza, mancanza di disciplina, che, in una struttura di potere dove gli adulti rappresentano la stabilità dell’istituzione e si fanno garanti della pace intesa come assenza di conflitti, diventano inevitabili.

In ultimo, la questione dell’imposizione dei limiti è analizzata declinando il tema in punti quali l’unità, la fermezza, le conseguenze, la lealtà, in tutti sottolineando l’importanza del conflitto tra adulto e bambino, praticato sempre attraverso un dialogo personale basato su uguale dignità.

Nel lavoro con i bambini, durante il laboratorio di BimboTeatro, educatori e ricercatori della levatura di Juul, guidano e illuminano costantemente le scelte metodologiche e le sperimentazioni teatrali con i bambini che io considero persone perfettamente dotate, competenti dalla nascita e portatori di valori e criteri che orientano già le loro esperienze nel mondo e realizzano una co-costruzione della conoscenza e dei significati se consapevolmente inseriti in un contesto di cooperazione, privo di giudizio e di competizione dove possono esprimere serenamente la loro personalità.